martedì 19 novembre ore 10
a cura di Ilaria Corbo e Claudia Signoretti
Teatro dell’Oppresso
In che modo formare giovani cittadine forti e consapevoli, quando tutto il mondo a scuola non parla di loro, non parla a loro? Non si possono lasciare le questioni di genere ufficialmente fuori dalla porta. È giunto il momento di smettere di farle entrare dalla porta di servizio. Se è vero, come diceva Simone De Beauvoir, che “donne si diventa, non si nasce” è altrettanto vero che “maschi non si nasce ma si diventa”. Sono ancora molti gli ostacoli che il sistema scolastico italiano oppone a un’educazione che tenga conto fin dalla prima infanzia del genere di appartenenza. E la questione non è di poco conto visto che a scuola bambine e bambini passano molto del loro tempo, per cui anche in essa oltre che in famiglia si formano le loro identità maschili e femminili. Certi stereotipi agiscono comunque attorno e dentro di noi, ci dobbiamo fare i conti.
Il Teatro dell’Oppresso (TdO) è un insieme dinamico di tecniche ludico-teatrali che permette di mettere in scena le situazioni oppressive del quotidiano, per analizzarle e cercare collettivamente come farle evolvere. Attraverso questa metodologia è possibile coinvolgere attivamente gli/le alunni/e nell’analisi delle problematiche di genere a partire dai loro vissuti e dalle loro esperienze e invitarli a progettare e sperimentare delle soluzioni creative e concrete. Il teatro viene così utilizzato come mezzo di conoscenza, come linguaggio e come strumento di consapevolezza e trasformazione della realtà interiore, relazionale e sociale. È un teatro che rende attivo il pubblico e serve ai gruppi di ‘spett-attori’ per esplorare, mettere in scena, analizzare e trasformare la realtà che essi stessi vivono. Fulcro del lavoro è l’analisi e trasformazione delle situazioni oppressive, di disagio, conflittuali, della vita quotidiana, attraverso un atteggiamento non indottrinante ma maieutico: esso non dà risposte, ma pone domande e crea contesti utili per la ricerca collettiva di soluzioni. Comprende anche una serie di esercizi e giochi che mirano a sciogliere le ‘meccanizzazioni’ del nostro corpo/mente/emozione che sono cristallizzate nella cosiddetta ‘maschera sociale’. Pur toccando aspetti personali ed emotivi, il TdO non si pone come terapia, ma come strumento di ‘liberazione’ collettiva che poggia sulla presa di coscienza autonoma delle persone, sullo ‘specchio multiplo dello sguardo degli altri’. Il Tdo vuole essere uno strumento per forgiare scoperte circa se stessi e circa l’Altro, per chiarificare ed esprimere i nostri desideri; uno strumento per il cambiamento delle circostanze che producono infelicità e pena, e per l’intensificazione di ciò che porta pace; per rispettare le differenze tra gli individui e gruppi e per includere tutti gli esseri umani nel Dialogo; è infine uno strumento per ottenere giustizia economica e sociale.
Ilaria Corbo ha una lunga esperienza internazionale nel TdO (Brasile, Romania, Argentina), da anni gestisce laboratori teatrali in diversi ambiti, principalmente nella lotta per i diritti dei rifugiati e richiedenti asilo.
Claudia Signoretti lavora con Fondazione Pangea con cui ha realizzato il rapporto Ombra Cedaw della società civile sulla situazione delle donne in Italia e ha presentato questo rapporto alle Nazioni Unite nel luglio 2011 e al Parlamento Italiano nel 2012. Dal 2010 collabora con Parteciparte, svolgendo laboratori di TDO nelle scuole e formazioni per adulti sull’uso del TDO per affrontare le questioni di genere.
Facebook: Ilaria Corbo